domenica 18 agosto 2013

Il conte Ruggero, u' camiddu e l'omu sabbaggiu

ARTICOLO AGGIORNATO. DATA DI PRIMA PUBBLICAZIONE 25 SETTEMBRE 2011
La ballata del camiddu e dell'omu sabbaggiu, ovvero del cammello e dell'uomo selvaggio, raffigura lo scontro tra il Gran Conte Ruggero d'Altavilla e un saraceno appiedato e vuole significare la conquistata libertà da parte del popolo siciliano e il loro riappropriarsi del territorio, dei costumi e della propria cultura.

Ruggero I di Sicilia
Il bagaglio storico che questa pantomima porta dietro con se è ricchissimo e lo vedremo in dettaglio nel seguito di quest'articolo. Sappiate già da adesso che la danza in questione è un ballo di lotta, di conquista e di morte e solo l'ignoranza sull'origine di questa tradizione ha portato, in certe realtà, a una degenerazione dello spettacolo con balletti caratterizzati dallo scherno e dal ridicolo.

Ai giorni nostri, questa tradizione continua a sopravvivere in molti villaggi del Messinese, come a Santo Stefano Medio, Torre Faro o ad Alì Superiore, così come in molti altri paesi della Sicilia e della Calabria. Anzi, ci sono una serie d'indizi che, verosimilmente, posso farci affermare che la paternità di questa pantomima spetti proprio al paese di Santo Stefano Medio.

A Mili San Marco, in passato, u' camiddu e l'omu sabbaggiu si rappresentava in occasione dei festeggiamenti del santo patrono, nella seconda domenica di Agosto, e ancor prima nell'ultima domenica di Maggio. La ballata aveva luogo nell'ex-campo di calcio della fiumara e dava la possibilità a tutti i paesani di godere dello spettacolo in una cornice quasi fiabesca.

Eccezionalmente, nell'estate del 2013, u' camiddu e l'omu sabbaggiu hanno «duellato» nuovamente nel nostro villaggio, stavolta però nella Piazza centrale del paese. Inserito nel calendario Estate in Piazza 2013, è stato grazie ad una iniziativa personale di Pippo Leonardo se questa antica tradizione ha rivissuto nuovamente nonché l'occasione per farla conoscere a molti dei presenti e per emozionare quanti già l'annoveravano tra i propri ricordi.

Il cammello, le armi e l'armatura del saraceno sono costruite mediante listelli di canna su cui poi vengono fissati petardi, mortaretti e fiaccole, che rendono più suggestiva l'atmosfera. Vengono quindi indossati da due figuranti che si occupano di mimare lo scontro che finisce sempre con la vittoria del camiddu sull'omu sabbaggiu. Tra gli storici animatori, nostri compaesani, vanno ricordati Santo Sanfilippo, Salvatore Di Blasi, Placido Sanfilippo e Ciccio Di Blasi.

Nel filmato seguente è rappresentata proprio la ballata del 2013, con Pietro Oteri nella parte dell'omu sabbaggiu e Peppe Culici, arzillo ultraottantenne, in quella del camiddu. Il motivo di accompagnamento, tecnicamente un saltarello, è invece suonato dalla banda Giacomo Puccini di Mili San Marco.


Vediamo meglio e in dettaglio quali sono le origine storiche di questa pantomima tra realtà, mito e leggenda.

Tra la fine del 1060 e gli inizi dell'anno 1061 I normanni intendono perseguire un ambizioso obiettivo: liberare l'isola dal dominio saraceno e restituirla alla Chiesa di Roma. Il raggiungimento di tale obiettivo è facilitato dalle lotte intestine che assillano i tre emiri che dominano ad Enna, Ibn al Awas, nel territorio di Mazara e di Trapani, Abdullah Ibn Haukal e nel territorio che comprende Catania e Siracusa, dove regnava l'emiro Ibn at-Timnah.

Emirati di Sicilia, 1060
L'occasione per invadere l'isola viene offerta al Conte Ruggero d'Altavilla, quando nel febbraio del 1061 si trova in Calabria, a Mileto. È quì, infatti, che riceve la visita di Ibn at-Timnah, che chiede aiuto per combattere il forte esercito del cognato Ibn al Awas, signore di Enna, presso cui si è rifugiata la moglie Maimuna. In cambio della collaborazione, Ibn at-Timnah offre al Gran Conte Ruggero il dominio su Val Demone, Val di Mazara e Val di Noto ovvero su tutta la Sicilia.

La prima impresa di Ruggero e dell'emiro alleato, alla fine del febbraio del 1061, non va per nulla bene. I cavalieri normanni, sbarcati presso l'odierna Torre Faro, effettuano una scorreria cercando di controllare le strade che da Messina portano alle roccaforti di Rometta, Tripi, Milazzo e Monforte. I saraceni, nel frattempo, hanno potenziato le difese della città di Messina e dei colli sicché Ruggero, in procinto di sferrare l'attacco per conquistare la città dello Stretto, temendo di rimanere sconfitto, anche a causa dell'arrivo di un forte contingente saraceno dalla vicina Catania, preferisce ritirarsi al Faro e varcare lo Stretto, rimandando ad altra occasione l'attacco al saraceno.

Ruggero, dopo il fallimento della prima spedizione, comprende infatti che solo un attacco repentino può mettere in ginocchio la città di Messina. L'occasione la coglie nel tiepido mese del Maggio 1061 quando sbarca, provenendo da Reggio, a Calcare nei pressi dell'odierna Tremestieri.

La storia ci fornisce alcuni elementi che sono all'origine della tradizione di cui ci occupiamo. Le fonti documentarie riferiscono infatti che il piccolo esercito normanno, composto da circa 500 cavalieri, appena sbarcato alle primissime luci dell'alba, si scontra con un drappello di saraceni, provenienti da un vicino castello, che portano salmerie e denari alla guarnigione saracena di Messina. La vicinanza ai luoghi dello sbarco di Ruggero, lascia supporre che il drappello saraceno, provenisse dal vicino castello presente in S. Istaphin, nome con cui geografo arabo Idrisi chiamava il paese di Santo Stefano Medio.

In aiuto di Ruggero, per conquistare Messina, sopraggiunge il fratello Roberto il Guiscardo con altri 1500 uomini che sbarcano nei pressi della città. Questa volta l'impresa ha successo e la sorpresa dell'azione mette in ginocchio Messina.

Roberto il Guiscardo e il Conte Ruggero
Ruggero e Roberto, insieme a Timnah, iniziano la conquista dell'isola. Nel 1071 cade Catania, nel 1072 viene conquistata Palermo, nel 1077 e nel 1079 è il turno, rispettivamente, di Trapani e di Taormina. Nel 1085 cade Siracusa, nel 1086 Agrigento e finalmente la conquista termina con la presa di Noto nel 1091. Trent'anni, quindi, furono necessari al Conte Ruggero per sottomettere l'isola al suo dominio.

Ruggero di Sicilia che riceve le chiavi di Palermo
La leggenda vuole che Ruggero, battuto il piccolo drappello che proveniva dal castello di Santo Stefano, entrasse nella città di Messina a dorso di un cammello sottratto ai saraceni. Di tale cammello si sarebbe conservata in città la pelle per alcuni secoli. Riferiscono i cronisti che il simbolo di un cammello, per molti anni, venne portato in processione durante le feste dell'Assunta e durante le feste patronali i genere. La tradizione rivive soprattutto in Agosto, in occasione della passeggiata dei Giganti, Mata e Grifone. Secondo la leggenda, i dominatori della citta di Messina, furono i testimoni oculari dell'entra trionfale di Ruggero a dorso del cammello.

L'impresa di Ruggero alimentò, in particolare, la fantasia delle popolazioni dell'area dello Stretto ed anche del resto dell'Isola. Intorno alla sua figura ed alle sue gesta fiorì una serie di leggende che normalmente si compendiano nel cosiddetto ciclo normanno in cui prevale fortemente l'elemento religioso. Basti pensare all'apparizione di San Giorgio a Ruggero, che riesce a mettere in fuga trentamila arabi a Cerami, o a quella di San Silvestro a Troina, o ancora a tutti gli interventi della Madonna avvenuti in altre battaglie.

Madonna delle Milizie, Scicli (RG)
A Messina si ricorda ancora la leggenda di Ruggero che, assorto a guardare la costa siciliana dalle rive della Calabria, rinuncia all'aiuto della fata Morgana, sorella di Re Artù, apparsagli su un cocchio trainato da sette cavalli nel bel mezzo dello Stretto. Ruggero infatti vuol conquistare l'isola con la fede in Cristo e non con la magia e l'inganno.

Di tutte le gesta del cosiddetto ciclo normanno s'impossessò la cultura popolare rappresentata dai cantastorie, dal Teatro dei Pupi e dai mastri carradori, che riportarono sui masciddari dei carretti, ovvero sulle loro sponde, le battaglie dei cavalieri normanni guidati da Ruggero contro i saraceni. Si deve principalmente al patrimonio orale dei cantastorie la possibilità, per noi moderni, di conservare traccia e custodire la memoria in vari modi: canti popolari, favole, leggende, pantomime, eccetera, eccetera.

Il popolo messinese e la gente dei villaggi vicini, testimoni della vittoria di Ruggero, attribuirono all'impresa un carattere divino. L'intervento soprannaturale della Madonna determinò per l'appunto il trionfo della cristianità sugli infedeli; di ciò ne sono testimonianza diretta le costruzioni religiose fatte edificare da Ruggero in tutta l'Isola, una per tutte la chiesa di Santa Maria nel vicino Mili San Piero.

Chiesa di Santa Maria in Mili San Piertro
Man mano che la conquista della Sicilia procedeva, le gesta di Ruggero venivano celebrate dal popolo affinchè ne venisse tramandato alle discendenze future il ricordo. E ancora oggi, dopo più di mille anni, u' camiddu e l'omu sabbaggiu sono tra noi a testimoniarlo.

Sitografia:
A Cameiuzza i focu, www.aramoni.it, [27/09/2011]

RINGRAZIAMENTI: un particolare ringraziamento a Francesco Todaro che ha realizzato il video inserito nel presente articolo, disponibile in originale su YouTube.

1 commento :

  1. Mi complimento per la Tua intraprendenza alquanto impegnativa, per il modo di esporre i vari episodi con minuziosità e per il Tuo impegno, molto positivo affinchè i giovani di Mili S. Marco possano conoscere le loro radici attraverso gli antichi monumenti e gli uomini importanti che vissero nel "Nostro" bellissimo paese e che ne hanno determinato la storia.

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